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mercoledì 15 agosto 2012

Dal sud la ricchezza delle cose vive, ovvero la felicità

Se la ricchezza, invece che sul prodotto interno lordo, fosse misurata sulla felicità, ovvero sulla capacità di ridere insieme alla vita con il minimo di risorse possibile, le genti del sud, dei sud di tutto il mondo, sarebbero le più ricche. Esse sono la moltitudine in grado di dare un futuro possibile a questo mondo. Nonostante i danni che il colonialismo ha inferto al sud d'italia e ai sud del mondo, alle loro risorse materiali e allo spirito delle loro genti, è solo da quei mondi che può venire la ragione e la forza per superare l'ormai palesemente insostenibile supremazia delle cose morte. Perché il sistema del capitale è il sistema delle merci e del denaro, dei valori di scambio e della supremazia di questi, delle "cose morte" sulle "cose vive", ovvero sul corpo, sugli affetti, sulla cultura e sulla natura, irriducibili al semplice valore di scambio. Ma è proprio l'impossibilità del capitale a superare la contraddizione dello sviluppo diseguale, ovvero, della produzione di povertà e di spreco assoluto di uomini e risorse, a determinare, nelle aree a sviluppo produttivo ridotto (nei sud del mondo, nei settori dell'agricoltura tradizionale ma anche in quelli della produzione di software open source) la necessità della cooperazione sociale volontaria e "donata", senza scambio commerciale; e dunque del capovolgimento, della supremazia delle cose vive su quelle morte. E' la stessa contraddizione del capitale, insomma, a determinare le potenzialità rivoluzionarie della povertà di merci ricca di felicità. Così la musica, la danza, la cultura dei sud hanno sempre due facce: quella, immediata, della anestesia, per lasciarsi alle spalle la fatica e quella, prospettica, della prefigurazione di un mondo in cui vengono prima le cose vive della felicità e solo dopo, molto dopo, le cose morte della produzione ...

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